Hanno scritto

Sull’importanza di Brajo Fuso nell’arte

Giancarlo Politi - La Fiera Letteraria (10.5.1964)

… inconsapevolmente e con una coerenza addirittura fatalistica, si è trovato a percorrere contemporaneamente (e completamente all’oscuro di quanto avveniva fuori) le strade dell’avanguardia europea ed americana. Contemporaneamente a Pollock, Brajo Fuso a Perugia sperimentava le tecniche del dripping e dell’action painting…

André Verdet (1984)

…L’Umbria può essere orgogliosa di avere avuto come figli tre artisti di eccezione, perentoriamente geniali, come se ne contano pochi nei secoli: Alberto Burri, Brajo Fuso, due vecchi amici, e Gerardo Dottori il primo aero-pittore “futurista”. Tutti e tre hanno superato molti altri.

Francesco Scoppola - Direttore regionale MIBAC (8.11.2010)

Brajo Fuso è stato un artista che con la sua creatività ha dato vita a nuovi modi di espressione artistica e la cui sperimentazione ha anticipato idee e stili successivamente proposti da altri importanti artisti di livello internazionale. Pur se meno noto è sicuramente da accostare a due altri grandi personaggi come Gerardo Dottori e Alberto Burri con i quali forma una triade di artisti umbri assolutamente d’eccezione e di livello mondiale.

Per gentile concessione degli autori, un articolo apparso sulla rivista QUEST nel mese di settembre 1981

Reproduced by kind permission of the authors. QUEST Magazine, September 1981 THE WORLD OF BRAJO FUSO by ROBERT CREASE and CHARLES MANN ROBERT CREASE teaches contemporary civilization at Columbia University. CHARLES MANN is a free-lance writer in New York. [SCARICA L’ARTICOLO IN PDF]

Sul linguaggio e la produzione letteraria di Brajo Fuso

Da una intervista della Rai a Giulio Carlo Argan (8.5.1980)

…oltre a questo bagno di natura in cui vengono rigenerati questi oggetti scartati, eliminati, distrutti, uccisi, dall’altra parte c’è, e questo ancora non sufficientemente esplorato, il lato linguaggio: le definizioni, attraverso delle parole non inventate, ma dedotte da una trasformazione anche questa immaginativa della parola, del lessico comune. Un processo di tipo joyciano che per me deve considerarsi integrativo: quei nomi, quei titoli che Fuso ha scritto in calce agli oggetti esposti, soprattutto quelli esposti all’aperto, costituiscono una integrazione immaginativa ed una operazione rivivificante portata nel linguaggio.

Da: - Il dottor bricoleur - di Giulio Carlo Argan - L'Espresso (17.8.1980)

… Ma c’è un altro fatto, meno appariscente: il lato linguistico. Quegli strani oggetti-immagini hanno quasi sempre dei nomi altrettanto strani, fatti come loro di tronconi e frammenti (di parole, però) ricuciti o saldati come in un grottesco assemblaggio. Ritornano alla natura portandosi dietro un nome anch’esso artefatto: ed anche qui c’è un fondo di umorismo, come nei nomi che si danno ai cani o ai gatti. E Fuso, va detto, è anche uno scrittore di fiabe.

Giulio Carlo Argan - Conferenza di presentazione del Fuseum (16.6.1983)

… il lavoro di artista era collegato ad un altro letterario – di letteratura infantile – che procedeva quasi parallelamente.

Francesco Curto

Uomo del suo tempo Dire oltre quanto è stato scritto da autorevoli critici, sarebbe superfluo per un artista così autentico ed originale come Brajo Fuso. Egli si pone con la sua produzione organica ed articolata come uomo del suo tempo, sempre presente a registrare e catalogare il prodotto dell’uomo, fino ad elevarlo, attraverso la creatività, ad opere d’arte. Osservatore perspicace, anima sensibile, narratore incantevole sembra dialogare con gli altri nelle sue opere mediante quel “disordine-razionale” che rivela emozione, coinvolge interamente per quel gioco sottile delle cose piccole e semplici recuperate dalla vita di tutti i giorni. Padre indiscusso di un’arte che non ha precedenti B.F. si esalta nella paziente registrazione reale di perimetrare le cose trovate/ritrovate nel tempo. Quindi l’indissolubilità tra l’elemento finito: l’uomo ed il Tempo: l’infinito. La sintesi per entrambi è la modificazione spirituale ed il logorio della materia più volte sopraffatta dall’azione del divenire e quindi dalla mano dell’artista. l pezzi scomposti di meccanismi inerti sono concetti di una “filosofia” di ricerca di un uomo profondamente immerso nel “suo” tempo e cosciente costruttore di opere fantastiche che offrono voli di liberazione e lanciano messaggi/presagi da leggere comunque nel senso giusto. Un’attenzione particolare è rivolta ai ragazzi ai quali Fuso dedica alcune favole fino a coinvolgere il lettore al completamento dell’opera e renderli coprotagonisti. Ma nessuno tranne i pochi intimi sapeva dell’attività poetica di Brajo Fuso. Una manciata di poesie ben custodite da Marcello Fringuelli che sono complementari alla sua attività artistica. Per chi conosce l’arte del nostro non c’è sorpresa alcuna nella lettura di questi versi ma nel testo vi trova anzi un’altra chiave che certamente apre dubbi e chiarisce le confusioni di quanti ancora non abbiano compenetrato l’opera di Fuso. l versi ci svelano l’altra parte di quell’animo inedito, e ci fanno abitanti del mondo dell’artista, forse a Monte Malbe, nel Fuseum, dove il sognatore si trasferisce in opera e si conserva incontaminato lontano dai rumori delle piccole e grandi guerre quotidiane. Non parlerò né di stile né di contenuti e lascerò ad altri questo compito, ma qualche cenno sui versi credo sia necessario farlo. Pur nella semplicità dell’espressione, la sua voce diventa forte e chiara quando uscendo allo scoperto accusa i guerrafondai e si interroga sul suo viaggio di uomo solo, tra tanti, ma solo: pieno di fede ma insicuro si rattrista per il “degrado” dentro e fuori di sé. Ma Brajo Fuso è giovane nello spirito perché ama e soffre con i giovani ed i loro problemi: con chi è vittima della droga, con chi muore di fame nella società opulenta del benessere. Il poeta canta la natura nel ritmo incessante delle stagioni ed annota il trascorrere del tempo senza restarne vittima, affronta le tempeste della vita come un capitano di nave, giocando con la sua nave/vita che, se saputa guidare, approderà certamente al porto sicuro, al riparo delle tentazioni di lasciare tutto e tutti. L’amore è il leit-motiv dominante e prevalente nell’opera di Fuso, sentimento che affiora sempre da quel connubio felice tra colori e materia in un’arte povera fatta di rottami ma soprattutto espressione di rottura con il vecchio modo di fare arte. Infine, attenzione notevole, va posta all’uso della parola, sempre semplice ma incisiva, comprensibile ma carica di quella potenzialità di lasciare il segno perché piena del suo vero significato. La parola che diventa gioco e che come nei suoi quadri si lascia scomporre ed usare in una geometria che rende il corpo della poesia opera d’arte essa stessa. Non c’è violenza ma rispetto della forma e gioco compiaciuto dove il poeta ed il suo prodotto sono unicità di quel segno che è parte di Storia dell’uomo e del Mondo. Brajo Fuso si fa portavoce di quanti subiscono le angherie del potere e grida contro il loro strapotere, difende la diversità del colore della pelle e si schiera dalla parte di chi soffre, patisce e muore per una idea di giustizia.

Sull’unicità dell’arte di Brajo

Cesare Zavattini - 1960

Pacifico non lo è mai Brajo Fuso e perfino nei giuochi, nei divertimenti dimostra la più sorprendente irrequietudine e fa, per esempio, pupazzi tra i suoi cespugli ai quali un giorno ficca in testa un cucchiaio, un altro giorno un collo di bottiglia, un coccio, un ferro, tutto quello che trova con un desiderio di mescolare di provare di osare equiparando nel suo cuore il manufatto con la materia prima, il civile con il selvatico; ecco uno per cui ogni cosa è natura, come per i fanciulli, l’erba e un pettine, e gode di tutto per cui tende a entrare nella galassia impiastricciato di colori e oggetti e sparirvi con il solo piacere del moto. Un bel giorno questa grande eccitazione ha trovato la sua regola proprio nella cosiddetta arte informale, e dentro la quiete geometrica della tela ho visto che cerca della materia trasparente che ha della crisalide e l’occhio la trapassa come un vetro ma resta un palpito di medusa in noi, ho visto che cerca il secondo il terzo il quarto strato della materia, va giù come una talpa non per sfuggire la luce ma per vedere a qualunque costo che cosa c’è dopo. Non è un tipo da rifiutare quello che questa avventurosa trivellazione gli offrirà, voglio dire che se vi si imbatterà, magari al decimo strato, non scanserà i vecchi pagliacci con l’ulcera, i cavalli rossi, le figure cioè, ma forse, risorti a mano a mano che avverrà il passaggio di Brajo fra tutto quello che c’è di possibile nella vita delle cose (siano sacchi legni fili alghe o qualunque altra cosa di cui davvero in questo momento mi sfugge il nome) i suoi vecchi miti ce li farà riapparire diversi e uguali, come saremo del resto anche noi uscendo dalla nostra lunga esperienza.

Italo Tomassoni - 1969

… Fuso vede, non visualizza; sente, non esprime; “è” in atto, non rappresenta; il segno precede l’idea del segno e linguisticamente la struttura delle sue opere si può cogliere solo a livello infrafonemico…

André Verdet - 1975

Mi soffermerò su quel fenomeno che è Brajo Fuso. Oso, scrivendo liberamente, senza preamboli, dichiarare che lo considero uno degli artisti novatori più fecondi, più singolari dell’arte contemporanea italiana; sono in pieno accordo con l’amico Argan quando afferma che bisogna collocare l’importanza di questo artista a livello europeo. E’ senza dubbio pittore, scultore, “oggettista”, accumulatore ed assemblatore di un sontuoso delirio plastico, dalla “verve” instancabile, la cui opera abbondante e ricca nella molteplicità è messa in posizione di perpetua “provocazione” rispetto ai criteri abituali della creazione, per quanto avanzata fosse nell’avanguardia. Arte strana che rientra negli estremi di un barocco moderno, in cui il minimo oggetto, sia esso nuovo, vecchio, usato, industriale od artigianale, il minimo utensile, ricco, povero, misero o disusato, pratico o di lusso, acquisteranno per la geniale manipolazione di Brajo Fuso, una sorprendente gloria artistica nella totalità del realizzato “assemblage”. E si, sembrerebbe che Brajo Fuso, in molte sue creazioni si sia divertito a confondere gli dei stessi mostrandosi allo stesso tempo angelo demonio.

Massimo Duranti - 1984

…La rivisitazione di tanti lavori consente di meditare ancora sulla figura di un artista che con la sua genialità ha creato un modo nuovo di espressione artistica, attraverso un uso spregiudicato di materiali poveri e di rifiuti della società industriale. Una creatività che ha raggiunto in molti casi forme elevate d’arte e che l’artista stesso ha voluto raccogliere in un ambito esclusivo: quello che è diventato il “Fuseum”; una villa, dei capannoni e tanti spazi aperti dove sono collocati sculture, installazioni e invenzioni di ogni tipo.

Sulla poetica dell’oggetto

Dante Filippucci: I mobloggetti di Brajo Fuso - 1967

Brajo Fuso lavora in silenzio da anni, nella soffitta di un palazzo piena di tutto, dai tappi di vermut e dell’acqua minerale, a oggetti strani, legni, vetri, eccetera; qualche volta parliamo, e parlare non è ozio ma negozio, del nostro lavoro, della nostra situazione inqualificabile e dei critici, animali rarissimi a noi sconosciuti. Ho seguito il suo lavoro sino, all’ultima fatica, cui vorrei accennare, rendere testimonianza dei suoi «componibili» ottenuti attraverso il montaggio di pezzi realizzati con ingredienti altri dai colori, pennelli e tavolozza. Il mio interesse è andato subito al fatto che il montaggio degli elementi può essere eseguito, dice Brajo, da chiunque: dal pubblico, dagli amici, dai figli e dalla moglie; questo mi sembra di grande interesse se si pensa che i gruppi costituiti oggi in Italia spesso altro non sono che cooperative per la salvaguardia dei propri interessi, invece che essere una convergenza di operazioni sullo stesso oggetto… Successivamente Brajo ha creato il Mobloggetto, usabile come oggetto e nello stesso tempo partecipazione nel disporre, ordinare oggetti qualunque nello spazio interno. Il Mobloggetto rappresenta il punto di arrivo di un lavoro sorprendente al di fuori di ogni speculazione, senza chiasso, intenzionando la materia, seguendo la tecnica dell’elenco o dell’accumulazione – direbbe Umberto Eco. Le operazioni di Brajo consistono appunto nel ridimensionare gli elementi, dopo averli demitizzati e attribuendo loro, a sua volta, un valore semantico. Con altre parole il Mobloggetto o altro che sia è un oggetto i cui elementi costitutivi sono stati colti dall’artista al termine della loro parabola storica e collocati in un altro contesto. Questo volevo dire in breve, proprio perché il mobloggetto realizzabile da più individui, implica una considerazione quanto mai pertinente. Basti dire per esempio che nella scuola artistica italiana non è possibile lavorare in gruppo, infatti contano le virtù personali esplicabili isolatamente; ovvero viene a mancare la capacità di formare il creatore di oggetti. La proposta didattica di Brajo, se bene ho capito, sta nel fatto che i suoi Mobloggetti sono il risultato di un incontro, di un dialogo. Egli propone nientemeno che la formazione dell’utente. È una lezione di metodologia tanto nei confronti della strutturazione dell’oggetto, quanto nei riguardi della preparazione dell’utente, come ho già detto.