Vita di Brajo

Brajo Fuso nasce a Perugia il 21 febbraio 1899.
Dopo gli studi in collegio e al Liceo Mariotti in Umbria, nel 1917 viene mandato come tenente sul Carso, nella Prima Guerra Mondiale, conseguendo una medaglia di bronzo al valor militare.


Dalla motivazione ufficiale:

“Si conferisce la medaglia di bronzo al valor militare al sottotenente di complemento Brajo Fuso perché: Circondato dai nemici, con un vigoroso corpo a corpo si apriva un varco portando in salvo i suoi dipendenti”. Fosso Spinolosa 17-20 giugno 1918.”

Foto di un giovane Brajo Fuso con uniforme militare, immortalato dalla vita in su e girato di tre quarti.
Tessera medica di Brajo Fuso. Nella parte alta c’è scritto “Ordine dei Medici di Perugia”, sotto c’è la firma di Brajo Fuso e la data di rilascio (Perugia, luglio 1931). In basso a sinistra, una sua immagine di profilo in formato fototessera, affiancata da un timbro dell’Ordine dei Medici di Perugia.

Nel 1923 si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Roma. Alla fine del 1927, dopo la specialistica, apre uno studio dentistico nel centro di Perugia. Contemporaneamente insegna all’Università di Perugia, prima come assistente e aiuto, fino al 1934. A lui si devono numerosi brevetti medici, come il “riunito”, il mobile sanitario-sedia da dentista. Il primo al mondo è stato installato proprio nel suo ambulatorio.

Dall’autobiografia di Brajo Fuso:

“Conseguii numerosi brevetti in campo medico-odontostomatologico e farmaceutico. Nel 1957 pubblicai un mio studio su "impianti di radici di denti" che poteva essere fatto, scrivevo, in tre modi diversi. Potrei essere definito il padre dell’implantologia ossea!”

Nel 1929 sposa Elisabetta Rampielli (detta Bettina), artista accademica bolognese che gli resterà accanto per tutta la vita e sarà fondamentale per la sua formazione artistica.

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Foto in posa di una giovane Bettina Fuso, seduta su una sedia, con le gambe accavallate, una spalla lasciata leggermete scoperta dal vestito e la mano sinistra che sorregge il mento. Il braccio destro è disteso e appoggiato allo schienale della sedia su cui è seduta.
Copertina del libro Occhiopino di Brajo Fuso. Sulla destra c’è una figura immaginaria con orecchie a punta, maglietta e pantaloni lunghi, a sinistra il titolo “Le avventure di Occhiopino” e il sottotitolo “Storia di un ragazzo di gomma”

Nel 1931 scrive le prime opere letterarie, come “Occhiopino, Storia di un ragazzo di gomma” e, dal 1942 al 1945, "Cinematografo del cervello" e "Carnevale dei centri nervosi", storie per ragazzi che illustra egli stesso. Poi scrive "Il Chinchibatte" e "L'uovo rosso", con pagine bianche per essere illustrate dai bambini. Scrive anche "Col bisturi all'Inferno” (diario della sua Seconda Guerra Mondiale, in qualità di capitano medico) e il romanzo "Gosto frate casto".

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Nel 1935 consegue la libera docenza in Odontoiatria e Protesi Dentale a Roma. Dal 1938 al 1943 (escluso il periodo di guerra) insegna all'università di Perugia quale incaricato per la Clinica Odontoiatrica. Ricopre anche la carica di Direttore dell'ambulatorio odontoiatrico del Policlinico di Perugia. Come libero docente, dal 1944 tiene corsi liberi agli studenti del V e VI anno.

 

Fuso in età matura, con il camice aperto da cui si intravedono camicia e cravatta, è seduto sul mobile da dentista nel suo studio. Alle sue spalle, appeso alla parete, uno dei suoi quadri.
Foto a mezzobusto di Brajo Fuso con uniforme militare.

Nel 1940 viene nuovamente arruolato e inviato come capitano medico in Albania per la campagna italiana di Grecia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Rimarrà lì per 3 anni. Si guadagna sul campo una Croce di Guerra per l’assistenza ai feriti durante gli attacchi nemici. Nel 1941 viene a sua volta ferito gravemente ed è costretto a rimanere immobile per molti mesi.

 

 

Tornato convalescente a Perugia, su incoraggiamento della moglie Bettina, inizia a dipingere da autodidatta su piccole tavolette di legno che esporrà in una personale nel 1946 a Roma alla Galleria “Il Cortile”, presentato da Leonardo Sinisgalli, Nicola Ciarletta e Libero De Libero.

 

Opera di Brajo Fuso dalle linee spesse e i colori forti che rappresenta un complesso di edifici, composto da un arco centrale e un torrione a sinistra, più altri palazzi stratificati a destra e sullo sfondo. Nel complesso, l’immagine richiama l’Arco Etrusco di Perugia.
Ceramica smaltata di Brajo Fuso dai colori vivaci posta su un piedistallo. Ripropone una figura umana, con dei baffi dipinti sul viso. I motivi geometrici lungo il busto ricalcano un completo giacca e cravatta.

Il 1946 è l’anno che segna l’inizio della sua avventura artistica. Partendo da applicazioni sperimentali del colore sulla tela, compie un processo di astrazione che culmina nel 1947 nelle Straticromie, a cui seguono le Cromoscolature. Nel 1949 espone per la prima volta la sua produzione di ceramiche alla Sala della Leva a Perugia.

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Dall’autobiografia di Brajo Fuso:

“Un giorno mi capitò tra le mani un barattolo che conteneva vernice gialla... Afferrato il barattolo feci scendere su una tavola di legno rivoli e fili di colore: lo facevo andare in lungo ed in largo, a girotondi. Il giorno dopo mi procurai altri barattoli: un rosso, un nero, un verde, un celeste. Perfezionandomi sulla distribuzione del colore Io feci scendere da un bastoncello appuntito buttandolo sopra al giallo del giorno prima; iniziai col rosso, poi ci passai il verde ed il nero. Aspettai un’oretta prima di colarci il celeste... Ne feci tanti di quadri e quadretti che poi in gran parte distrussi adoperando le tavole ed i legni per fare il figurativo. Le chiamai in seguito STRATIKROMIE quelle colorature.”

Negli anni ‘50, ad Ansedonia, crea il suo primo spazio personale espositivo all’aperto; un’idea che riprende nel 1960 quando, con l’incoraggiamento di Bettina, dà il via alla creazione più importante della sua vita: il Fuseum. Un parco d’arte costruito su una collina poco fuori Perugia che raccoglie la maggior parte delle sue opere, dove i due vivono per alcuni periodi.

Dall’autobiografia di Brajo Fuso:

“Nel 1961, sulla collina di Montemalbe, a cinque chilometri da Perugia, tra il verde dei lecci, ho creato il Fuseum, Ia mia galleria personale, il parco boscoso disseminato di sculture”

Scultura di forma circolare, vuota al centro, da cui si affaccia Brajo Fuso con gli occhiali da vista in mano, che si appoggia alla sua superficie irregolare.
Opera di Brajo Fuso fatta con tondini, fil di ferro, tappi di metallo e stecche sottili di legno fissati su un fondo monocromatico. In basso, a destra, si riconosce la firma dell’artista e l’anno di realizzazione, il 1968.

Continuano le sue sperimentazioni nell'Informale-materico. Negli anni ’60 crea gli Acidocromi, le Metalloplastiche, i Legni. Composizioni connotate da una forte essenzialità espressiva e dall’uso di oggetti comuni al termine del loro ciclo di vita, che Fuso ricolloca in un contesto differente. Tra gli anni ’60 e ’70 espone a Milano, Venezia, Roma, Terni e Spoleto in occasione del Festival dei Due Mondi, vetrina internazionale per le arti.

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Nel 1976 Editalia pubblica la prima importante opera monografica su Brajo Fuso in una collana dedicata all’arte contemporanea, con interventi critici di Giulio Carlo Argan, Italo Tomassoni, André Verdet. Nel 1980 la Regione Umbria e il Comune di Perugia realizzano la prima mostra antologica su di lui. Nello stesso anno partecipa alla Fiera del Levante di Bari.

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Copertina dell’omonima opera monografica su Brajo Fuso. In alto a sinistra, i critici autori dell’edizione (Giulio Carlo Argan, Italo Tomassoni, André Verdet); sullo sfondo un assemblage in legno e lana di vetro, nel tipico stile dell’artista.
Quadro astratto di Brajo Fuso realizzato con fil di ferro, rete metallica, inserti in legno e rifiuti di vario genere.

Brajo Fuso muore a Perugia il 30 dicembre 1980. Affida il Fuseum, la sua creatura più amata, alla Fondazione Sodalizio di San Martino affinché lo preservi e ne faccia un luogo di apertura alla sperimentazione artistica.